Ripercorrendo dapprima l'infanzia e i terribili sogni ricorrenti, ci confessa con genuina spontaneità i suoi amori e le attese. Utilizzando l'arte come mezzo per lanciare ponti con il mondo che lo circonda, il nostro autore riesce a universalizzare riflessioni e speranze.
Combattendo la sua solitudine, svela, in sostanza, in modo a tratti semplicissimo, a tratti onirico e coraggioso, i punti neri rimasti impressi nella mente, le richieste d'affetto inespresse, i dolori mai confessati, con i timori del bambino che si affacciava speranzoso nei vicoli del mondo circostante, ricevendo solo risposte dure e finanche derisioni.
Oggi, dall'alto dei suoi 70 anni, può finalmente cantare la vita e l'amore con maggiore consapevolezza, pur nel rimpianto di quello che non è stato e nella speranza di una tranquillità da conquistare col perdono e la rassegnazione.
Così come, nei dipinti e nelle sculture, affida ai colori e ai materiali riciclati, le sensazioni che prova e i desideri che vorrebbe realizzare, attraverso la parole elenca in modo meticoloso ricordi e istanze, perchè il viaggio a ritroso non sia solo disperato ma contenga i necessari auspici per un avvenire meno duro e più ricco di solidarietà.
La genuinità delle pennellate e dei versi induce il lettore a riflettere e ad interrogarsi su come sia importante il linguaggio dell'Arte per comprendere l'Umanità più varia... accettando ogni diversità come ricchezza che può servire ad arricchire il "comune sentire", se oppurtunamente e... universalmente riconosciuta!
Damiano Di Domenico, "Al vento freddo dei vicoli", deComporre Edizioni.
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