Pizia non dà più oracoli
di Carmen Moscariello
Anno 2017-2019
Chi canta sulle sponde del foglio?/Chino, bocconi sul fiume/di immagini mi vedo lento e solo,/da me stesso allontanarmi: lettere pure,/costellazioni di segni, censure/nella carne del tempo, oh scrittura/,rigo nell'acqua.
Prefazione
Soltanto i grandi poeti sono capaci di sintetizzare interi mondi in un mannello di versi; soltanto coloro i quali hanno le facoltà di Pizia e sanno leggere le "litanie in fogli di pensieri" sono in grado di racchiudere esperienze di vita, amore filiale, cultura smisurata, percezioni e sentimenti profondi in balenii di parole che subito diventano veicolo eccezionale, momento di arrivo al senso primo e ultimo del vivere.
Lo so, al lettore può sembrare esagerato che abbia cominciato una nota critica con questo entusiasmo, ma ritengo che bisogna sempre esprimere le proprie convinzioni e le proprie sensazioni quando ci si trova dinanzi a una poesia che riesce a portarci al di là della quotidianità e farci intendere con pienezza il misterioso palpito delle emozioni.
Ho letto: "i passi funesti dell'acqua", "la notte miagola acqua" e subito ho pensato a Baumann, alle sue teorie sulla liquidità dell'amore, della società avviata ormai a una china sempre più difficile da recuperare. Carmen Moscariello invece dialoga con l'acqua, ne sente la voce, ne vede l'eternità, ne avverte la potenza... e così l'acqua diventa vita e presagio, sogno, e indizio del futuro. Non a caso appare Pizia, non la Pizia di Durrenmatt, non la svagata che ubriaca e insonnolita dà responsi a caso, ma una Pizia che conosce la potenza delle sue parole e sa che le frasi dette nei santuari acquistano una forza di verità eclatante.
Non era facile confrontarsi con chi prima di Carmen ha avuto a che fare con la sacerdotessa più famosa dell'antichità, da Aristotele a Erodoto, da Lucano a Ovidio. Da Sofocle a Tito Livio, per fare solo qualche nome, ma la nostra poetessa non ha temuto nessun confronto per il semplice motivo che i suoi versi sono forgiati dal calore della sua esperienza personale, tanto è vero che parlando di Giusepe, il nipote, dirà:
"Esiste un fuoco nella tua vita, io lo vedo
Pizia presaga di ogni bene,
i miei giorni malandati ritornano ad ardere".
Sono stato tentato di analizzare singolarmente le poesie di questo libro, che ha una sua unità ideale e stilistica, ma poi ho pensato di non annoiare il lettore con valutazioni tecniche che spesso dimenticano la sostanza vera della scrittura che è quella del "messaggio" naturalmente non inteso pedissequamente, ma con le ragioni alte della poesia. Queste ragioni Carmen ce l'ha nel sangue, riesce a cogliere, anche negli scritti di prosa e di critica, il papito vivo delle parole che occorrono per vivere e far rivivere l'intensità del sentimento ricevuto. Ecco perché ognuna di queste pagine è smagliante, intensa, anche quando gronda di riferimenti, quando le accensioni partono da lontano per farsi pane della propria espansione umana e culturale.
Senza stare a rimuginare e a cincischiare su questa o su quella qualità del libro, dico che siamo al cospetto di una di quelle opere che hanno saputo condensare antichità e presente in una magnifica essenza di bellezza e di indicazioni che spalancano la vista sulla funzione dei poeti che Rainer Maria Rilke, lo cito spesso, chiama "le api dell'invisibile".
Ecco, in questo libro le api hanno lavorato a lungo e molto intensamente e il risultato è questa dovizia di immagini che ci coinvolgono, che ci portano in un mondo sconosciuto che però subito ci appartiene.
Questo significa che Carme Moscariello è un'ape vera e grande e che il suo cuore è miele profumato, le sue parole il sacramento della comunione.
Dante Maffia